Leopardi Giacomo - Canzoni del Conte Giacomo Leopardi. Pei tipi del nobili e comp. (1824)
Unitamente A:
Leopardi Giacomo - Versi del Conte Giacomo Leopardi

Stima: € 8.500,00 - € 10.000,00
Base d'asta: € 7.000,00

Dalla Stamperia delle Muse, Strada Stefano N. 76, 1826
Rilegatura d'epoca, molto ben restaurata, al dorso LEOPARDI - POESIE
Il volume è contenuta in un cofanetto in mezza pelle moderna
Prima edizione delle prime due raccolte di poesia del conte Giacomo Leopardi, stampate a Bologna
In-16, mm. 180 x 110
Il primo titolo presenta dieci canzoni composte tra il 1818 e il 1823: alle tre già edite («All'Italia», «Sopra il Monumento di Dante» e «Ad Angelo Mai»), se ne aggiungevano sette in prima edizione assoluta: «Nelle nozze della sorella Paolina», «A un vincitore nel pallone», «Bruto minore», «Alla primavera», «Ultimo canto di Saffo», «Inno ai patriarchi», «Alla sua donna»
La raccolta costituisce il nucleo originario di quello che diventerà, a distanza di alcuni anni, il più importante libro di poesia dell'Ottocento italiano, i Canti di Giacomo Leopardi. Ne furono tirate non più di 500 copie nell'agosto del 1824, distribuite tuttavia a partire da ottobre
L'edizione si dovette alle cure del Brighenti, e andò a rompere un silenzio poetico che durava ormai da quattro anni, precisamente dal 1820, anno di uscita della «Canzone ad Angelo Mai» data alle stampe da Iacopo Marsigli a Bologna. Una prima idea della raccolta, però, risaliva già al 1823, quando il poeta si recò a Roma (vi soggiornò tra il novembre del 1822 e l'aprile dell'anno successivo), portando con sé i propri componimenti con l'intento di pubblicarli: il proposito naufragò, ma Leopardi riuscì quantomeno a ottenere l'approvazione della censura romana. Tornato a Recanati, in soli sei giorni, nel settembre del 23, compose «Alla sua Donna»; contattò quindi Brighenti per far stampare il volume a Bologna, e grazie a lui arrivò ad un accordo con lo stampatore: la tiratura doveva essere di 500 copie e la legatura in cartoncino, con 50 esemplari a disposizione dell'autore
Come di consueto, Leopardi fu estremamente preciso nelle avvertenze relative la veste editoriale dei suoi testi: basti citare il divieto di usare j lunghi tanto in italiano quanto in latino, e le raccomandazioni riguardanti la punteggiatura «nella quale io soglio essere sofistichissimo» (lettera a Brighenti del 5 dicembre 1823). Non mancarono, però, come già avvenuto e come avverrà nelle successive pubblicazioni, difficoltà mosse dalla censura: il precedente vidit romano si rivelò infatti inutile, e il Brighenti risolse la situazione rivolgendosi a tal «Fr. Balt. Marianus Medici O. P.», revisore domenicano che non solo approvò la pubblicazione, ma comunicò al Brighenti la propria ammirazione per il libro. Il volume andò quindi in stampa, con grande soddisfazione dell'autore: Leopardi si disse «contentissimo della stampa, per la carta, i caratteri, e tutto» (lettera a Brighenti del 24 agosto 1824). Cfr. Mazzatinti e Menghini, Bibliografia leopardia, n. 647; Catalogo del fondo leopardiano, n. 73

Unitamente al primo titolo è qui rilegata, sempre in prima edizione, la seconda raccolta poetica di Giacomo Leopardi, che vide la luce ai primi del 1827, ma con data del 1826
Il volume presenta testi tra cui «L'infinto», qui in prima edizione sotto forma di raccolta poetica (unitamente ad alcune altre poesie, già apparse su «Il Nuovo Ricoglitore»). Seguono, del tutto inediti, due «Elegie» di argomento amoroso, i cinque «Sonetti» di impianto satirico contro «ser Pecora fiorentino beccaio», e l'«Epistola al Conte Carlo Pepoli» in versi sciolti. Chiudono il volume i volgarizzamenti della «Batracomiomachia» (qui chiamata «Guerra dei topi e delle rane») e della «Satira di Simonide», già editi rispettivamente sul «Caffè di Petronio» e sul «Nuovo Ricoglitore». La pubblicazione dei «Versi» si deve in gran parte all'iniziativa di Brighenti al quale Leopardi era legato da uno rapporto molto stretto, come testimonia la fitta corrispondenza epistolare. I due avevano in mente un progetto (poi naufragato) per un'edizione delle opere complete di Leopardi; e Brighenti, forse per porre menda alla mancata edizione, propose al poeta di stampare «un opuscoletto leggiadro, breve, non pedantesco, non puristico, non grammatico, inedito». Il poeta accettò e furono pubblicati i «Versi», che nelle intenzioni dell'editore dovevano diventare parte di un complessivo ciclo leopardiano: «a dispetto del fatto che si tratti di due volumi distinti, già fin d'ora Canzoni e Versi vengono presentati come complementari: stessa carta, stesso formato, stesso corpo tipografico», intenzione confermata dal fatto che l'unico catalogo della Stamperia delle Muse (1828) riporta alla voce di quest'opera «Versi in aggiunta alle Canzoni dello stesso Autore».
Cfr. Mazzatinti e Menghini, Bibliografia leopardiana, n. 661; Catalogo del fondo leopardiano, n. 83
Alcuni tagli non invasivi restaurati, lieve mancanza al piede reintegrata, ma complessivamente esemplare fresco, marginoso e molto ben conservato
Esemplare particolarmente raro